Il Cartellone: ebrei e cristiani
La Contea di Modica era uno dei feudi più vasti se non il più vasto della Sicilia e la popolazione ebrea, nel suo complesso, era numerosa. In base ad un censimento fiscale risalente al 1492 si calcola che la Contea ospitava circa un ventesimo di tutta la popolazione ebrea dell’isola calcolata intorno a quarantottomila unità.
Gli ebrei in Sicilia non erano costretti a vivere in quartieri chiusi, noti come ghetti, nettamente divisi dalle comunità cristiane con mura di separazione e porte che venivano chiuse nelle ore notturne. L’isolamento in cui vivevano le comunità ebraiche all’interno delle universitates siciliane scaturiva da autodeterminazione, a cui non erano estranei i dettami della religione. Nella maggior parte delle città della Sicilia questo isolamento si realizzava nella elezione di un determinato quartiere cittadino a sede della comunità ebraica.
A Modica il quartiere del Cartellone era abitato, quasi esclusivamente, da ebrei. I ruderi di una sinagoga erano visibili ancora alla fine dell’Ottocento. Ora sono scomparsi ma il toponimo esiste ancora. Si sono fatte molte ipotesi sul significato e sull’origine della denominazione del quartiere. Una delle ipotesi, meno probabile, vuole che il Cartellone prendesse il nome da da un grande cartello “ove stavano notate le leggi ebraiche e che gli ebrei affissavano ai muri della vie”; è molto probabile che il nome si debba a un cartello, ben visibile, che avvisava i cristiani che da lì iniziava il quartiere ebraico quando, a partire dal XV secolo, all’epoca della repressione inquisitoriale, si incominciarono a isolare gli israeliti, dando inizio a quella intolleranza religiosa che, a Modica, sarebbe sfociata nell’eccidio del 1474.
Il 15 agosto di quell’anno, infatti, il popolo modicano si scatenò al grido di “Viva Maria e Morte ai Giudei”, un’orda di gente armata invase il quartiere di Cartellone e in mezzo a una confusione di grida, minacce, di preghiere, di imprecazioni, accadde una scena orribile di carneficina e di macello. Il numero degli ebrei uccisi in un solo giorno a Modica fu di 360.
Il quartiere del Cartellone si estendeva da San Francesco alla Cava, sino all’Olivella, in lunghezza e dall’altopiano fino all’alveo del torrente in larghezza, quest’ultima fascia era chiamata Costa de li judei e la parte terminale che confinava con la riva del torrente era detta lu Cursu toponimo che è sopravvisuto fino ad oggi.
Il vasto quartiere, a balze, può essere visitato sia a piedi privilegiando un itinerario che parte dal basso, o, in alternativa, in macchina: si avrà la possibilità di godere di uno splendido panorama, il più suggestivo, quello che mostrerà la complessità topografica della città, i suoi mille volti,i tanti poli visivi.
La passeggiata attraverso l’antico quartiere del Cartellone prende le mosse proprio dal Corso, di fronte alla Chiesa di San Pietro dove, un vicolo sovrastato da un arco (da notare la chiave di volta con un’iscrizione ebraica) invita i passanti a deviare dal percorso tradizionale per avventurarsi nel dedalo di vicoli. Lasciandosi alle spalle il primo livello del quartiere, quello chiamato appunto Costa de li judei, lungo il Corso e caratterizzato dalla presenza di numerosi palazzetti settecenteschi e ottocenteschi, il volto benestante di questo versante della collina, ci si imbatte, nel volto popolare della città, in quell’architettura minore ma non meno significativa dal punto di vista storico e sociolologico, costituita sia dalle abitazioni dei rami cadetti delle grandi e benestanti famiglie, sia dalle abitazioni, dimesse, della classe popolare, dei piccoli artigiani, dalla presenza, tutt’oggi, di antiche botteghe dove si possono acquistare prodotti e manufatti legati alla tradizione locale e realizzati artigianalmente. In Via Ritiro, proprio dietro il Teatro Garibaldi, si trova la Chiesa di Santa Maria del Rosario chiamata Il Ritiro con l’annesso “reclusorio” delle Vergini. La chiesetta venne fondata intorno al 1640 dal canonico don Pietro Civello. Alla chiesa il pio ed illustre modicano aggiunse un “reclusorio” sotto il titolo del SS. Rosario per le vergini, che subì dei rifacimenti nel 1820. Tra le architetture a cui si può far riferimento lungo il percorso citiamo, spostandosi sulla sinistra, il Portale De Leva, frammento d’architettura tardo gotica, risalente alla seconda metà del XIV secolo, in stile chiaramontano. Lo stile chiaramontano fiorisce tra il 1296 e il 1392, nel periodo in cui i Chiaramonte (una delle più importanti famiglie dell’Isola) vengono insigniti del titolo di Conti di Modica. Il portale De Leva costituiva l’ingresso alla Chiesa di San Filippo e San Giacomo.
Alle spalle del Portale, con la facciata rivolta verso… si avrà modo di visitare la Chiesa del SS. Salvatore. Tra le chiese minori è una delle più significative. Non si possiedono notizie relative alla chiesa precedente il terremoto del 1693. La fisionomia attuale è da riferire al Settecento, con ulteriori trasformazioni tra Ottocento e Novecento. L’interno presenta degli spazi che, nella loro articolazione sono tra i più interessanti del Settecento ibleo. Nella parete di fondo dell’abside si trova una monumentale cappella a due ordini, in calcare decorata con oro zecchino. Un discreto numero di chiese rupestri e semirupestri erano presenti nel quartiere del Cartellone e che potrebbero essere state impiantate dopo il 1492, l’anno dell’espulsione degli Ebrei dalla Sicilia voluta da Ferdinando il Cattolico, non è esclusa comunque una loro preesistenza a questa data, poiché il Cartellone, essendo uno dei più estesi quartieri, comprendeva aree abitate dalla popolazione cristiana. Tra le chiese citiamo Santa Maria della Consolazione sotto il titolo dello Xaudo, dove in Xaudo deve riconoscersi una storpiatura volgare di Exaudi nos. Santa Maria della Consolazione risulta posizionata tra la fine della Via Turbazzo e la Chiesa di Santa Maria dell’Itria. Carattere semirupestre ha la Chiesa di San Rocco, anteriore al 1553 della quale non si conosce l’impianto originario. Sul sentiero che si inerpica nella parte settentrionale della collina dell’Idria, si trova la Chiesa rupestre di San Giuseppe ù Timpuni, sufficientemente nota e spiegata come espressione di devozione popolare del XVII-XVIII secolo. Dagli intonaci rupestri c’è da ritenere che tutta la grotta fosse affrescata. Sulla sommità della collina dal nome Itria, proprio di fronte al Castello, in una posizione strategica dalla quale è possibile ammirare la città di Modica e leggere perfettamente la struttura del Castello dei Conti, si trova la piccola Chiesa di Santa Maria dell’Itria o Odigitria. Le fonti attestano che la chiesa esiste dal 1600. La tradizione vuole che il martedì dopo Pasqua, detto il Martedì di Pasqua o dell’Itria, la popolazione si raduni attorno alla collina, sulle terrazze rocciose portando delle vivande (carne da arrostire, uova, formaggi, vino) per consumarle nei pressi della chiesa. All’interno della chiesa si possono comprare i Piretti, grossi limoni con la buccia molto spessa e dolce che si gustano ricoperti di zucchero o di sale e pepe, una vera e propria prelibatezza. All’interno della chiesa si svolge anche una “pesca” di beneficenza. La festa del martedì dell’Itria ci riporta alla fine del Trecento quando, con i Vespri siciliani (1282), gli aragonesi cacciarono via dall’isola gli angioini. Il nome Odigitria vuol dire Madonna che guida i fedeli per la retta via (da odòs, in greco “via” e da ago, “cammino”). Il culto alla Madonna sotto questo titolo pare provenga da Costantinopoli, è molto diffuso in Sicilia ed è stato assunto a simbolo religioso dell’isola nella omonima chiesa dei siciliani a Roma. Particolarmente sentito è il culto dei modicani alla Madonna dell’Itria fin dall’epoca dell’edificazione della chiesa. Dalla Chiesa con l’annesso convento di Sant’Anna e San Calogero si raggiunge la terrazza panoramica dalla quale saremo incantati dallo stupefacente spettacolo della città, uno spettacolo consigliato anche di notte per la sapiente illuminazione che permette di leggere tutte le architetture, religiose e civili, che sbocciano e si manifestano come fiori in un giardino notturno. La Chiesa e il Convento di Sant’Anna e San Calogero sono testimoniati, per la prima volta da un documento del 1600. La Chiesa si trova sulla Via Liceo Convitto. Dell’attiguo convento sappiamo che venne edificato nel 1613 e abitato dai Riformati del Terzo Ordine di San Francesco e, in un secondo momento dai frati Osservanti, un altro ordine francescano. I locali del convento vennero trasformati, nel 1878 in Liceo Convitto e già nel 1880 era in funzione il Liceo Classico intitolato al modicano Tommaso Campailla, filosofo. All’interno del convento di vero interesse e fascino è il chiostro con 18 colonne monolitiche e 8 semicolonne seicentesche. Il chiostro originario era a due ordini, il secondo fu murato nella ristrutturazione ottocentesca dell’edificio. La Chiesa di Sant’Anna conserva l’aspetto seicentesco poiché non venne danneggiata in modo significativo dal terremoto. Proprio di fronte alla Chiesa di Sant’Anna sorge l’imponente complesso delle suore benedettine realizzato alla fine dell’Ottocento quando le monache furono costrette a sgombrare il loro convento con l’annessa chiesa che si trovava lungo Corso Umberto e che divenne, successivamente, la sede del Tribunale di Modica. Per chi volesse approfittare dell’occasione per visitare un altro complesso francescano, non troppo distante dalla Chiesa di Sant’Anna, sulla strada che conduce a Modica Bassa, nella parte mediana della collina denominata Dente, si trova il Convento dei padri Cappuccini che si insediarono a Modica fin dal 1556. L’impianto del complesso, come si presenta oggi, risponde alla formulazione cinquecentesca nella semplicità delle strutture murarie, nella distribuzione delle celle e delle officine intorno al cortile, nella presenza del loggiato che si affianca al vano della chiesa e risponde anche alla tipologia di tanti conventi cappuccini presenti in Sicilia: nell’area è assimilabile a quelli di Scicli, Ragusa, Ispica e Sortino. Il portale della chiesa annessa è definito da due paraste e da una cornice di ordine tuscanico ed è sovrastato da una finestra decorata da uno scudo sotto un timpano ad omega. L’interno è ad aula unica. Sull’altare centrale troneggia una bellissima custodia lignea databile tra Seicento e Settecento, con uno sviluppo piramidale e conclusa da una cuspide a bulbo.
Buona passeggiata!